CAPITOLO 07 - Okorei - Microbirrificio Artigianale

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Capitolo 7 - Storia dell'origine di un nome


Insieme stavano costruendo qualcosa. Qualcosa che tanto somigliava alle abitazioni in Lego assemblate da gorilla dislessici, in preda ai deliri della fame, per giunta. Si erano costituiti in Cooperativa ma continuavano ad esibirsi solitari, come capricciose soubrette da Cafè Chantant. Avevano fatto esperienza di ciò che una mansueta mucca da pascolo può scatenare se unita alle sue, altrettanto vacche, sorelle. Ma questo non era bastato a fare luce sulla forza e l’energia che l’unione tra capi della stessa razza, può generare. Ciò almeno a giudicare dalle discussioni che animavano i loro goffi tentativi di fare vita di gruppo.  
"Questa birra la chiamerò Julian!" diceva Albert con la faccia di John Travolta nel celebre film di Tarantino. Quindi aggiungeva "...e il primo che parla, gli aumento la percentuale di piombo nel sangue!"  
"e chi cazzo sarebbe questo Giulian?"
gli rispondeva allora con la stessa faccia di sempre Frank, facendo così  degenerare la discussione come da audiocassetta allegata.

"Julian è il nome di mio figlio, cazzone!"
"è l'unico figlio che hai?"
" Perché non ti piace?"
"No Albert, è che la birra io me la immagino, come dire, femmina, già proprio cosi!"
"Allora la chiamerò Michy… ed il secondo che parla gli strappo la pelle di dosso come se fosse una banana!"
"è l'unica figlia femmina che hai?"
"L’unica delle tante che ho avuto, che ancora mi saluta!"

Nel caso del documento sonoro di cui abbiamo riportato alcune battute, resta da aggiungere che provvidenziale risulta l’intervento di Lukhet che a riguardo tira fuori la storia dei gruppi rock che si sciolgono proprio per l’incapacità dei singoli componenti di mettersi a disposizione della banda.
Quel parallelo musicale non poteva lasciare indifferente la vecchia carcassa di Albert che la vita aveva ripetutamente suonato con la sua proverbiale mano pesante. "Avevi ragione quella volta…" disse ad Andrew nei giorni a venire, ispirato a quella rivelazione "Birra artigianale buona e gruppo sono le uniche cose da salvaguardare qui dentro… d’altronde anche il tastierista dei Rolling Stones …" e giù di nuovo con la storia del musicista che accettò di stare dietro le quinte, consentendo di fatto e alla band di entrare nella leggenda. Proprio la leggenda vuole che quella Scotch Ale  rimase a lungo senza un suo nome di battesimo. Piuttosto che continuare a litigare però,  scelsero di aspettare che quel nome, come il mosto di una buona birra artigianale, maturasse da sé. Immanuel spense le luci all’interno del laboratorio di via G. Marconi ed i cinque, come una vera Rock Band, tacquero in ascolto delle vibrazioni del silenzio. E così, come per magia, al buio rassicurante del birrificio, tra il brontolio dei gorgogliatori ed il ronzio dei frigoriferi, si udì distinta, la voce della nuova birra. Più che di un singolo suono, si trattava per dirla tutta, di qualcosa che somigliava all’articolato eppur simmetrico crescendo di un coro. I toni acuti si mescolavano con gioioso slancio a quelli più gravi e profondi… erano le voci dei malti impiegati per la produzione della birra. Chiacchieravano come sanno fare buoni amici che si rincontrano dopo aver girato il mondo per anni. Il piacevole mormorio non mancò di far passare negli occhi dei cinque una lacrima di commozione, al culmine della quale Albert, pronunciò quel nome tanto atteso che forse lo stesso birrificio aveva sussurrato:  "TRAMALTI!"… e manco a farlo apposta, stavolta tutti gli altri furono d’accordo con lui.

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